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Ascoltare oggi la musica di Pierangelo Valtinoni, assistere alle sue opere di vasto successo internazionale, significa fare l’esperienza della chiarezza. Questa chiarezza è la conseguenza di una scelta di stile meditata e raffinata, nella quale la semplicità – se di essa si può parlare – è spesso solo apparente, frutto di un procedimento in realtà sofisticato, non causa ma effetto di un’elaborazione sorvegliata e consapevole. Il punto di partenza è il senso di responsabilità nei confronti dell’ascoltatore, che assume in certo modo un valore etico, oltre che estetico.

La principale dimensione espressiva di Valtinoni, dunque, è quella che discende dalla forza comunicativa della sua invenzione. Dopo i lunghi decenni del radicalismo d’avanguardia, talvolta quasi autistico nel suo disinteresse per l’ascoltatore, in questi anni la musica contemporanea sembra avere ormai acquisito la necessità di un rapporto nuovamente aperto e costruttivo con il pubblico. Di questa tendenza, il nostro compositore può essere considerato per molti aspetti un coraggioso antesignano. Egli appartiene infatti a una generazione di autori che si è formata artisticamente nella scia della scuola di Darmstadt, della serialità integrale, dello strutturalismo spinto, dell’alea. Quando, appena quindicenne ha cominciato a scrivere musica (la sua “Messa per voci bianche e organo” è del 1974), i compositori vivevano una situazione nella quale la “comprensibilità” della musica non era contemplata. Ed egli stesso non disconosce – come del resto il suo catalogo prova – di avere a lungo e variamente sperimentato, cercando la propria strada nell’ambito delle coordinate estetiche (o anti-estetiche) correnti, non senza un’inclinazione particolare per il magistero stravinskiano. «Mi sono guardato intorno», dice adesso. E intanto oltre agli studi di composizione completava la sua formazione di organista.

La complessità e la multiforme qualità espressiva dello strumento a canne sono rimasti importanti nel suo percorso creativo. Il gusto del colore, che brilla nella sua scrittura strumentale, sia essa destinata o meno al teatro, ha le sue radici nella ecletticità dell’organo. E rispetto alle scelte armoniche, i campi armonici complessi consentiti dall’esecuzione organistica hanno avuto per Valtinoni un ruolo rilevante nel mettere a punto il suo linguaggio originale e comunicativo. La sua scrittura non delinea infatti un semplice ritorno alla tonalità, anche perché ne rifiuta le banali attrazioni gravitazionali. Essa è “allargata” a intervalli tecnicamente dissonanti, ricondotti però a un sistema di aggregazioni che ha una forte valenza suggestiva nel meccanismo delle risoluzioni (o delle sospensioni), mai scontato, sempre libero. Ed è arricchita da una vena melodica naturale, morbida, elegante. E da una ricerca ritmica che non si preclude riferimenti a culture musicali “altre”, anche popolari.

Per Valtinoni, dunque, la ricerca dell’originalità è stata un procedimento ad un tempo tecnico e creativo, sbocciato definitivamente nel momento in cui è maturato il suo approccio al teatro musicale. Approccio a sua volta di particolare originalità: in questo momento Valtinoni può essere considerato forse il più importante compositore di opere per ragazzi. Di fatto un non-genere, come un non-genere, in fondo, è la stessa letteratura per l’infanzia, non fosse per il fatto che da tempo riconosciamo ai grandi lavori in quest’ambito un valore “assoluto”. Il percorso di Valtinoni è sempre rimasto dentro al rassicurante ambito delle favole e forse per questo ha potuto assumere una dimensione “universale”, ben corroborata dalla trasparente forza espressiva della sua musica. Dal “Ragazzo col violino” (1996), basato su un lavoro dello scrittore italiano contemporaneo Roberto Piumini alla cosiddetta “trilogia della ricerca” costituita da “Pinocchio” (da Collodi, 2001-2006), “La regina delle nevi” (da Andersen, 2010) e “Il mago di Oz” (da Baum, 2016), invenzione musicale e drammaturgia sono andati delineando un mondo teatrale autonomo, vivace, musicalmente complesso ma “sincero”, un altro concetto etico-estetico a cui Valtinoni tiene particolarmente. La sincerità appartiene anche alla forma, sciolta e libera ma immediatamente funzionale sul piano scenico, così come alla scrittura vocale, esente da sperimentalismi ma non dalla ricchezza espressiva necessaria alla drammaturgia, in sintonia con i libretti del giornalista e scrittore Paolo Madron. In questo modo, l’opera per ragazzi esce dal suo recinto e afferma a pieno titolo anch’essa la vitalità della drammaturgia musicale contemporanea, insieme con l’originale rigore dello stile ben comprensibile di Pierangelo Valtinoni.

© 2019 Cesare Galla
journalist, writer on music

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